Chiara Giaccardi – sociologa e ricercatrice Università Cattolica di Milano

Chiara Giaccardi, sociologa e ricercatrice Università Cattolica di Milano

Il Giubileo è un evento con radici antichissime. Le nostre comunità hanno gli strumenti per coglierne il significato e il valore oggi?

«In un’epoca di individualismo è estremamente difficile riconoscere riti che riguardano il tema del legame, soprattutto quando questo legame non è solo orizzontale (tra persone), ma anche verticale, ovvero un legame di riconoscenza, filiazione e affidamento a Dio. Viviamo in società secolarizzate e spesso il passato è visto come qualcosa da cui liberarci, talvolta con superficialità. Questo si collega al fenomeno della cancel culture, dove tutto ciò che non si conforma all’ortodossia contemporanea viene considerato obsoleto o addirittura un errore. Certamente c’è uno scoglio culturale. Tuttavia, proprio per questo motivo, è ancora più importante riscoprire queste tradizioni antiche che collegano il presente al passato e che, al tempo stesso, ci proiettano nel futuro. Il Giubileo può essere un segno forte affinché il nostro futuro non sia segnato solo dall’immanenza e dall’individualismo, ma sappia reintegrare nella vita personale, sociale e culturale quelle dimensioni della relazione e dello spirito senza le quali la vita si impoverisce e si inaridisce, trasformandosi in una sorta di guerra di tutti contro tutti».

Soprattutto i più giovani, come possono comprendere parole e concetti come “Porta Santa”, “pellegrinaggio” e “indulgenza”?

«È vero che per i più giovani alcune parole possono sembrare lontane o poco comprensibili, ma questa è un’occasione preziosa per risvegliare sensibilità spesso sopite. I giovani cercano risposte profonde alle domande dell’umano, ma spesso le cercano in ambiti che non sono in grado di fornirle. C’è nei giovani un’aspirazione a qualcosa di grande, un desiderio di pienezza. Tuttavia, oggi molti ragazzi vivono anche paure e ansie, soprattutto a causa di una società competitiva che tende a farli sentire inadeguati. Il fenomeno del ritiro sociale è una realtà drammatica. Il rito, invece, ha un significato profondo sia per il singolo che per la comunità. Dove c’è rito, c’è ordine e legame: il passaggio attraverso la Porta Santa, ad esempio, indica un cambiamento non solo di luogo, ma anche di prospettiva e orizzonte; il pellegrinaggio ci ricorda che siamo viandanti su questa terra, persone che attraversano frontiere e cercano. Questi simboli possono aiutarci a riscoprire la nostra umanità e a sentirci più vicini gli uni agli altri. Le parole antiche, quindi, possono essere rilette e attualizzate per rispondere alle domande del presente».

La celebrazione del Giubileo prevede momenti molto personali e spirituali. Tuttavia, Papa Francesco affronta anche temi concreti come il debito dei paesi poveri e la grazia per i condannati. Qual è il significato di questa attualizzazione?

«Papa Francesco, inserendosi nella tradizione antichissima del Giubileo, la rilegge alla luce delle ferite del presente, ed è ciò che dobbiamo fare anche noi. Altrimenti la fede rischia di rimanere qualcosa di astratto, senza rilevanza per la vita reale. Questo è un segno molto bello: ciò che è antico e sembra lontano in realtà può aiutarci a guardare con occhi nuovi il presente e le sue ferite, come la povertà, la guerra, la morte e le ingiustizie sociali. Le scelte di attualizzazione di Papa Francesco sono estremamente opportune. Mi pare che lui sia una delle poche figure a livello mondiale che richiama costantemente e con forza l’attenzione su queste ferite, in modo universale e al di sopra delle parti».

Il Papa ha scelto il tema della speranza per l’Anno Santo 2025. In che modo la speranza può essere generativa di vita nuova?

«La speranza è la fiducia che vale la pena impegnarsi per il futuro, preparandolo con cura, senza cadere in un ingenuo ottimismo. Come scriveva Václav Havel nel suo celebre libro Il potere dei senza potere, la speranza non è credere che tutto andrà bene, ma è sapere che vale la pena impegnarsi nonostante tutto, a prescindere dal risultato. La speranza, quindi, non è un’illusione o una fuga dalla realtà. È uno sguardo di fede e di affidamento sul futuro, ma è anche un invito a riflettere su quale contributo ciascuno può dare. È nel nostro impegno concreto, nelle nostre scelte quotidiane e uniche, che la speranza diventa reale e generativa di vita nuova».

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