Omelia di don Ivan Salvadori. Triduo in preparazione alla Festa del Santuario; 24 novembre 2011

XXXIV Settimana del Tempo «per Annum» – Anno Dispari
Maccio di Villa Guardia (Co), Santuario della Santissima Trinità Misericordia
giovedì 24 novembre 20111
I giorno del Triduo in preparazione alla Festa del Santuario

«Santissima Trinità Misericordia infinita, io confido e spero in Te»

1. Ormai un anno fa il Santuario della Santissima Trinità Misericordia apriva le porte perché ogni uomo, venendo qui, potesse sentirsi abbracciato dalla Misericordia di Dio e imparasse a riporre unicamente in lui la sua speranza.

Quella sera, per una singolare coincidenza, al nome della Vergine Maria Assunta in cielo – a cui questa chiesa è dedicata – si affiancava così il nome della Santissima Trinità, ossia: Misericordia. In tal modo, proprio in questo provvidenziale accostamento dei due nomi, ognuno poteva intuire il disegno che da molto tempo Dio aveva preparato per questa comunità e per la nostra Chiesa di Como.

Maria, che da sempre ha accompagnato il cammino dell’umanità, e che qui abbiamo sempre venerato come Assunta in cielo, ci riporta continuamente al suo Figlio, perché in lui – volto della Santissima Trinità – possiamo contemplare e avere accesso al cuore stesso di Dio, Trinità d’amore. «Chi ha visto me – aveva detto Gesù a Filippo – ha visto il Padre» (Gv 14,9); e a un altro discepolo, Giuda Taddeo: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Maria, che fin da Gallivaggio aveva preparato la nostra Diocesi ad accogliere e a proclamare la Misericordia, ci porta quindi anche oggi al suo Figlio perché solo in lui si dischiude per noi il cuore della Trinità.

Per questo motivo, nella preghiera che chiude la Supplica alla Santissima Trinità Misericordia, chiediamo ogni giorno a Maria di accompagnarci all’incontro con la Trinità: «Madre della Misericordia […], guidaci all’incontro col Verbo che si dona, col Padre che ci ama e nel Verbo a noi discende, all’incontro con lo Spirito che da Essi a noi è donato e per Essi in noi prega»2.

2. A introdurci nel mistero di questa liturgia è una pagina biblica tratta dal libro del profeta Daniele. Fin dalla giovinezza Daniele era stato deportato, insieme ad altri ebrei, tutti timorati di Dio, nella città pagana di Babilonia e qui – lontano dalla fede dei padri – era stato educato per poter entrare, in qualità di saggio, a servizio del re. E poiché egli eccelleva, in questioni di sapienza e di dottrina, su tutti gli altri, il re aveva deciso di metterlo a capo di tutti i suoi saggi. Un timorato di Dio riceveva così onore alla corte di un re pagano.

Nella sua integrità, Daniele non si era però mai dimenticato del suo Dio e, anche di fronte alla minaccia di morte intimatagli da chi voleva costringerlo ad adorare gli idoli pagani o una statua d’oro, egli rimase fedele al suo credo.

La parte centrale del libro – quella che abbiamo letto questa sera – ci presenta Daniele nella fossa dei leoni, vittima di una congiura meschinamente ordita contro di lui. I suoi detrattori lo vorrebbero morto. Ma, con meraviglia, Daniele deve constatare che in quel momento estremo Dio interviene, chiude miracolosamente le fauci ai leoni e la sua vita viene così risparmiata. In tal modo anche il re pagano, che aveva condannato Daniele, è costretto a confessare che il Dio di Daniele «è il Dio vivente, che rimane in eterno» (Dn 6,27); «egli salva e libera, fa prodigi e miracoli in cielo e in terra» (Dn 6,28).

La chiave di lettura di tutto il racconto è offerta dal profeta quasi di sfuggita, quando dice che Daniele aveva ottenuto salvezza perché «aveva confidato nel suo Dio» (Dn 6,24). Così ci ricorda che anche noi, se confidiamo in Dio, non dobbiamo temere nulla. Non c’è miseria o povertà e nemmeno peccato che la Misericordia non possa vincere. Perché ciò che noi chiamiamo Misericordia, non è semplicemente pietà, ma è l’amore di Dio che continuamente scende verso di noi per attirarci a sé.

3. Anche la Supplica alla Santissima Trinità Misericordia, che in questo Santuario trova il suo luogo proprio, ci insegna – come già Daniele – a confidare unicamente in Dio. Con una differenza, però. Daniele, che era vissuto prima di Cristo, non aveva ancora conosciuto il volto di Dio. Ora, invece, attraverso il mistero della sua incarnazione, passione, morte e risurrezione, Dio si è raccontato e ha manifestato la serietà del suo amore per l’uomo come nessuno avrebbe immaginato.

Rispetto ai tempi del profeta, potremmo anche dire, Dio si è fatto a noi ancora più vicino perché nel suo Figlio, non solo ha parlato, ma si è fatto nostro fratello, uno di noi. In Gesù Cristo, Dio ha percorso anche l’ultimo tratto di quella interminabile strada verso il basso che lo portava verso di noi. Dio misericordia si è fatto noi creatura per attirarci a sé dal di dentro, amandoci di un amore che solo l’onnipotenza dell’amore assoluto poteva donare.

Se Daniele poteva confidare in Dio, era solo in virtù della promessa di salvezza fatta ai padri. Noi invece – che questa salvezza l’abbiamo toccata con mano nella croce del Figlio e la gustiamo ogni giorno nel dono immenso dell’eucaristia – possiamo confidare in Dio con ben altra certezza: che egli, anche nelle prove più dure, è con noi e non ci abbandona. L’amore assoluto ama sempre, anche quando è rifiutato. Ma esso mai si stanca di attirare a sé ciò che per amore è uscito dalla sua stessa essenza. Si dona nella carità alla sua creatura e nella misericordia la attira sempre a sé facendola nuova.

Per questo non diciamo semplicemente: «Signore, Io confido in te»; ma: «Per il dono della tua incarnazione, passione, morte e risurrezione, Santissima Trinità, Misericordia infinita, io confido e spero in Te»3. Con questo siamo consapevoli che né il Padre, né lo Spirito Santo si sono incarnati o sono morti; ma solo il Figlio. Tuttavia – poiché Dio è uno – la salvezza è opera di tutta la Trinità.

4. Ma come possiamo, noi che viviamo nel tempo, incontrare Dio misericordia? Ora, a noi che siamo nel tempo, Dio ha lasciato nell’eucaristia il segno efficace della sua presenza. Nel dono dell’eucaristia, egli continua a farsi piccolo per noi perché noi – nella nostra piccolezza – possiamo contenere l’immensità del suo amore.

È nell’eucaristia che la Chiesa, nutrendosi del corpo e del sangue di Cristo, dimostra di non confidare in se stessa, ma unicamente nel dono di Dio. Solo se essa accetta di non avere una consistenza propria e si lascia generare continuamente dalle ferite di Cristo, potrà convincere il mondo non in quanto a sé, ma in quanto a Dio. Nell’eucaristia, infatti, Dio le dona tutto di sé per il bene del mondo. Essa deve però imparare a spogliarsi dei mezzi del mondo per confidare – come Daniele – unicamente in Dio.

5. È ciò che hanno fatto i martiri di ogni tempo, come i Santi Andrea Dung­Lac e compagni martiri che, soprattutto tra il XVIII e il XIX secolo fecondarono con il loro sangue l’evangelizzazione dell’Estremo Oriente. Il martirio fu per loro la forma suprema con la quale testimoniarono di voler confidare, non in se stessi, ma unicamente in Dio.
Attraverso il loro sacrificio, essi ci ricordano che a ciascuno di noi è dato di compartecipare al sacrificio di Cristo anzitutto con il dono di sé. La vera celebrazione dell’eucaristia si ha quando l’uomo, con il corpo e il sangue di Cristo, offre se stesso per il bene dei fratelli. Anche in questo gesto estremo di martirio rifulge una traccia luminosa dell’amore di Dio che, nella sua Misericordia, associa l’uomo, sua creatura, al sacrificio del Creatore.

6. Chiesa di Como, lasciati meravigliare dall’opera di Dio e non temere! Confida unicamente in lui; apri il cuore alla Misericordia e gioisci del grande dono che Dio ti ha fatto.
Maria Santissima, Madre della Misericordia, continua a vegliare su di noi e sulle nostre comunità.


1 Letture del giorno: Dn 6,12-28; Dn 3,68-74 (sostituisce il salmo); Lc 21,20-28.
2 Preghiera all’Immacolata.
3 Supplica alla Santissima Trinità Misericordia.

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